Quando la Fame non è solo Fame
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Sovrappeso e obesità sono sempre più frequenti nella nostra  società e le  complicanze connesse sono a loro volta tra  le più frequenti cause di morte. Essendo l’obesita’ una patologia multifattoriale, l’approccio deve essere  multisciplinare. Nell’ezipatogenesi sono implicati diversi fattori, alcuni genetici, altri ambientali. A volte, anche nell’assuzione di cibo, lo stato emotivo potrebbe avere  un ruolo importante

Il primo passo da compiere spesso  è quello di imparare a distinguere la fame biologica dalla fame nervosa (eating emozionale).

Ma quali sono le differenze?

Per fame biologica si intende la necessità di assumere cibo dopo alcune ore di digiuno, ciò consente all’organismo di assumere i nutrienti in funzione della necessità biologica. Il “centro della fame” (come anche quello della sazietà) si trova a livello ipotalamico, ed è una zona sempre attiva che esercita l’impulso all’ingestione di alimenti. Il sistema nervoso centrale ha quindi un’importanza fondamentale sui meccanismi implicati nella scelta degli alimenti per mantenere un rapporto equilibrato in nutrienti: la scelta di un alimento piuttosto che un altro risponde ad una specifica richiesta neuroendocrina che sta alla base del comportamento alimentare.

Il controllo dell’assunzione del cibo consiste quindi in una complessa rete di segnali che raccolgono informazioni dalla periferia (tessuto adiposo, intestino, stomaco), vengono elaborati a livello ipotalamico e quindi integrati a livello corticale per tradursi in comportamenti di ricerca di cibo oppure di non assunzione di cibo.
 E’ pur vero che la voglia di cibo non si instaura solamente in condizioni appena descritte , è sempre più frequente assistere infatti  a racconti di pazienti che hanno un impulso irrefrenabile di mangiare anche subito dopo un pasto. Come e perchè avviene?

Il cibo rappresenta spesso un pronto intervento, per nascondere altro, in modo particolare l’incapacità di gestire le emozioni.

E’ importante, allora, porre l’attenzione non solo su quanto il paziente mangia ma piuttosto su quali sono i momenti della giornata in cui avverte maggiormente il bisogno di farlo, portandolo a individuare lo stato emotivo alla base. Qualunque sia il motivo per cui ci si sente stressati e sconfortati, cibi come il cioccolato, dolci o patatine, possono essere una soluzione consolatoria per placare stati d’animo, un antidoto alle carenze affettive, incorrendo tuttavia nel rischio di innescare subito dopo un senso di colpa e quindi l’instaurarsi di un altro circolo vizioso. Diete troppo restrittive, affamanti, incentrate solamente sul computo calorico e che non considerano il lato psicologico risultano quasi sempre inutili. Si dimagrisce, ma poi si recuperano i chili persi. Occorre imparare a mangiare, evitando divieti particolarmente rigidi che possono creare anche un isolamento sociale.

E allora? Come fare a dimagrire senza perdere il piacere della convivialità della tavola?

“Si’ al pranzo o cena con amici, basta saper scegliere le pietanze, o perchè no, concedersi anche quel cioccolatino tanto demonizzato nella dieta dimagrante, una volta ogni tanto. “E’ la regola del tutto o niente che va sfatata”, dico sempre ai miei pazienti.

In medio stat virtus” (la virtù sta nel mezzo) dicevano i latini,io credo di avere ottenuto ottimi risultati, non soltanto quando un mio paziente obeso o in sovrappeso dimagrisce , ma quando riconosco che finalmente ha imparato a gestire le sue abitudini alimentari,i suoi bisogni nutrizionali, il suo  rapporto con il cibo in relazione allo stato d’animo“.

“Amare se’ stessi è l’inizio di una lunga storia che dura una vita”, scrisse Oscar Wilde.
Non dovremmo perderlo mai di  vista. Ogni obiettivo ha i propri tempi. L’importante e’ sempre cominciare, dedicarci a fare cio’ che ci piace, che sia un disegno, dello sport, della buona musica, una chiaccherata con un amico, per ritrovare o mantenere l’entusiasmo nei confronti della Vita.

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